Ieri 18 ottobre, la Camera ha approvato in via definitiva, con 346 voti a favore e nessun contrario, il disegno di legge contro il caporalato, dopo che il Senato si era già espresso lo scorso agosto. Tra le altre cose, la nuova legge contiene alcune disposizioni che riguardano interventi a sostegno dei lavoratori stagionali in agricoltura, estende responsabilità e sanzioni per i “caporali” e gli imprenditori che fanno ricorso alla loro intermediazione e prevede un inasprimento delle pene.
Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, che ha fortemente voluto questa legge, ha commentato subito l’approvazione dicendo che: “Lo Stato risponde in maniera netta e unita contro il caporalato con questa nuova legge attesa da almeno cinque anni. Ora abbiamo più strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana, perché sulla dignità delle persone non si tratta. E l’agricoltura si è messa alla testa di questo cambiamento che serve anche a isolare chi sfrutta e salvaguardare le migliaia di aziende in regola che subiscono una ingiusta concorrenza sleale. È ancora più importante averla approvata oggi che la campagna agrumicola è alle porte. Ringrazio i parlamentari che hanno dato il loro contributo a raggiungere questo risultato. C’è tanto lavoro da fare e una legge da sola non basta, ma le direzione che abbiamo tracciato è inequivocabile. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi”.
Il provvedimento, infatti, si compone di 12 articoli e riscrive il reato semplificandolo e liberandolo da alcune specifiche che prima ne complicavano l’individuazione.
Stabilisce la confisca dei beni come avviene con le organizzazioni criminali mafiose, l’arresto in flagranza e l’estensione della responsabilità degli enti.
Prevede la pena della reclusione da uno a sei anni per l’intermediario e per il datore di lavoro che sfrutta i lavoratori, approfittando del loro stato di bisogno; pena che aumenta da cinque a otto anni se i fatti sono commessi mediante violenza e minaccia.
Individua come indici di sfruttamento “la corresponsione ripetuta di retribuzioni difformi dai contratti collettivi e la violazione delle norme sull’orario di lavoro e sui periodi di riposo”, ossia salari troppo bassi e straordinari non pagati, insieme alle violazioni delle regole per la sicurezza nei luoghi di lavoro, la sottoposizione a metodi di sorveglianza e anche le condizioni di vita e di alloggio non dignitose.
Un’importante novità è l’estensione delle finalità del Fondo antitratta anche alle vittime del delitto di caporalato, equiparando le situazioni a quelle delle vittime della tratta, a ragion del fatto che spesso le persone sfruttate nei lavori agricoli sono reclutate con gli stessi mezzi illeciti tipici della tratta di esseri umani.
Questo provvedimento risulta essere fondamentale nella lotta al caporalato in cui FOCSIV, in collaborazione con Coldiretti, si impegna attraverso la Campagna Abbiamo RISO per una cosa seria, sostenendo il Villaggio Solidale nel Comune di Nardò in Provincia di Foggia.