Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e noto personaggio televisivo, sostiene la nostra campagna e ci racconta come l’agricoltura familiare è una risposta concreta e flessibile alla lotta al cambiamento climatico.
Sappiamo da sempre che il clima condiziona la produzione agricola, ma avete mai provato a pensare che è attualmente vero soprattutto il contrario? Il sistema alimentare mondiale è una gigantesca macchina le cui emissioni stanno alterando il clima più di quanto non riescano a fare il traffico veicolare e le fabbriche. Oltre un terzo dei gas clima alteranti proviene dall’agricoltura e l’allevamento, da solo, contribuisce per il 18%: come a dire che le bistecche sono responsabili dell’innalzamento medio delle temperature dell’atmosfera e degli oceani. D’altro canto quello stesso sistema alimentare è vittima del clima che cambia: la diminuzione di produttività farà aumentare del 20% entro il 2050 il numero di affamati cronici, con incrementi particolarmente gravi (65%) nell’Africa subsahariana (con inevitabili migrazioni connesse).
Il consumo di proteine animali è arrivato al limite per cui ci sono paesi in cui si muore di fame pur di non consumare i cereali che vengono invece destinati all’alimentazione del complesso bovino mondiale. Pur essendo la produttività per ettaro molto maggiore per ottenere proteine vegetali che non animali. Ma non è possibile trasformare tutto il pianeta in un orto: la Terra ha bisogno delle sue montagne, dei suoi deserti e dei suoi ghiacciai e l’agricoltura intensiva ha già prodotto troppi danni.
Allora quale può essere la risposta? Forse ce ne è più di una, forse la principale è quella culturale che sta, almeno in parte, nel recupero di una sana abitudine delle società tradizionali, abbandonata per un malinteso senso del progresso, l’agricoltura familiare. E’ un modo antico di coltivare la terra e farla rendere che comprende pratiche di buon senso e una fondamentale democratizzazione che garantisce il diritto al cibo soprattutto nei paesi poveri e difende dagli interessi delle multinazionali. In questo modo si creano, inoltre, comunità resilienti, cioè in grado di resistere al cambiamento climatico di cui si diceva all’inizio.
La rivoluzione agricola degli anni Settanta non ha avuto il respiro lungo e ampio che dovrebbero avere i cambiamenti sociali, né per il pianeta, né per gli uomini. I limiti di uno sviluppo intensivo e di consumi crescenti sono ormai palesi per tutti e difficilmente la risposta sarà tecnologica, meno che meno se questa tecnologia sarà limitata agli interventi sulle chimere genetiche (come sarebbe più corretto chiamare gli OGM). Il ritorno alle origini delle società tradizionali è invece una risposta concreta e flessibile che può essere declinata in diverse maniere nei differenti territori. I volontari FOCSIV (insieme alla Coldiretti) promuovono in queste settimane la difesa dei diritti di chi lavora la terra e li si può appoggiare facendo piccole donazioni, ma soprattutto condividendo culturalmente un progetto di agricoltura familiare che sappiamo essere una risposta adeguata.
Siamo tutti contadini, sarebbe bene ricordarcelo.
Mario Tozzi